I primi testimoni del cammino FFC. Adriana De Santis

Adriana De Santis

I nostri ragazzi crescono, progettano, amano, si realizzano. Per questo dobbiamo tenere duro

«L’apertura alla ricerca ci ha permesso di sopravvivere alla paura, alla scoperta dell’inesorabilità della fibrosi cistica. È stata prima di tutto apertura in senso clinico alle terapie nuove, forti, che si proponevano al Centro di Verona già negli anni Ottanta e di cui alcuni genitori parlavano in termini terroristici, sottraendo i propri figli al ruolo di cavia.
Grande fiducia e speranza per questo da parte nostra alla nascita, nel 1997, della Fondazione, garantita da quegli stessi eccellenti operatori che avevano fin lì accompagnato nostro figlio permettendogli di crescere, contro ogni previsione.
Alberto era davvero cresciuto, sviluppando un sentimento di sé autonomo e dalle aspettative elevate, che le qualità degli operatori con cui era da vent’anni quotidianamente in contatto sosteneva, sottraendolo al rischio di cedere alla malattia che avanzava, pur rallentata dalle terapie. La sua crescita intellettuale lo portava inevitabilmente a sottrarsi alle cure familiari che percepiva, da adulto, soffocanti; a chiedere un cambio di qualità nel rapporto. La Fondazione offrì a noi questa opportunità, di continuare a lottare perché lui trovasse risposte di ricerca, le migliori possibili, ai suoi problemi di salute, mentre cercava di realizzare il proprio modo di guardare alla vita, coltivando i suoi studi, i suoi amici, i suoi amori. Soprattutto ci affiancammo a lui nella sua esigenza primaria di superare le angustie della riduzione al privato dei suoi problemi, per farne un problema più vasto, che riguardava anche altri.

La Delegazione di Latina nacque con il primo articolarsi della Fondazione in delegazioni. Immediatamente il taglio che le venne dato fu quello della formazione e della conoscenza: sollecitare altri gruppi già attivi nella raccolta fondi, ma soprattutto conoscere e formare per trasformare la vecchia beneficenza in sostegno consapevole alla Ricerca. Una ricerca di qualità, che mi ha reso orgogliosa di appartenervi per il rigore, l’onestà intellettuale ed etica, che mi ha raggiunto attraverso tutte le sue manifestazioni in questi vent’anni. Erano i valori che condividevamo con Alberto, fiero di questo lavoro incessante nella nostra realtà pontina, nelle scuole, ai convegni, ai laboratori aperti per i nostri studenti migliori, in nome della FFC, anche se sembrava che lo osservasse da lontano.
Un legame così profondo, quello della FFC con i ventenni di allora, si spiegava forse con la consapevolezza trasmessa da noi genitori: il loro domani dipendeva dalla ricerca, da valide reti sanitarie, da operatori intelligenti, formati e aggiornati, come dalla divulgazione delle problematiche reali delle persone con FC.

Noi continuiamo a lavorare nelle scuole, con i ricercatori che collaborano con la Fondazione, sempre disponibili e gentilissimi. È un’atmosfera vitale che senza alcun obbligo ci lega tutti, oltre ai risultati personali, allo stesso obiettivo, che è quello di rendere più lieve e umana l’esistenza dei nostri cari, in attesa della soluzione finale. Come l’orizzonte, la soluzione finale più volte intravista sembra allontanarsi al nostro avvicinarci. Ogni scoperta epocale apre una realtà insospettata di difficoltà, di buche profonde, che rinnovano la sfida alla ricerca. La semplificazione, così necessaria, si rivela prima o poi banalizzazione. I problemi della FC, come i problemi umani in generale, risultano molto più complessi e comunque misteriosi. Ma intanto i nostri ragazzi crescono, progettano, amano, si realizzano. È necessario tenere duro, lungo la strada avviata, con la nostra Fondazione».

Adriana De Santis, Delegazione FFC di Latina

Alberto, il figlio di Adriana
Adriana e le volontarie Luciana ed Elizabeth
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